Storie di aquile, scimmie, leoni e pavoni



Lo chiamavano un po' pomposamente “lo zoo di Parco Petrarca”, ma qualche povera bestia là reclusa per la gioia (?) dei passanti c'era davvero. La cosa era incominciata alla fine degli anni Trenta, quando due rocciatori gardenesi avevano scovato sui picchi della valle in un nido le ultime due aquile. Scrisse la “Provincia di Bolzano”, quotidiano fascista (22 luglio 1938): “Due aquile reali nei giardini delle passeggiate «San Giorgio»” (Petrarca non si era ancora affacciato tra i toponimi bolzanini). E poi: “Ieri nella gabbia hanno preso fissa dimora due rari esemplari di aquile reali. Una di queste aquile fu donata in segno di omaggio dai valligiani e alpinisti gardenesi a S.E. il Prefetto”.

La gabbia era una grande voliera, e io mi ricordo di averla vista da bambino: l'aquila era ormai una sola. Col tempo morì anche quella ed allora ci infilarono delle scimmie. La geometra Katia Zanoner, che lavora alla giardineria comunale, ha ricordi precisi: “C'erano sia quelle col sedere blu (le chiamavano babbuini ma in realtà appartenevano al genere mandrillus) ed anche alcuni macachi. Io ho conosciuto nel 1992, quando sono arrivato in giardineria, solo Piero e Hert, gli ultimi due macachi, un maschio e una femmina (prepotentissimo il maschio) che, dismessa la gabbia a parco Petrarca, avevano trovato poi posto in quelle della giardineria. Erano gabbie con serra riscaldata, dalla quale potevano uscire attraverso una porticina ed accedere alla gabbia esterna. Gildo Spagnolli, allora responsabile della giardineria, mi raccontò che Piero gli era stato portato da una signora della val Sarentino che se n'era voluta liberare, perchè provocava troppi guai. E' morto – gli sono stato vicina nei suoi ultimi momenti - il 21 aprile del 2000”. Ma non c'era solo la voliera, nel parco. Erano stato costruite altre gabbie, più piccole, che negli anni aveano ospitato pavoni, caviali, conigli nani, quaglie, fagiani, anatre, e ricordo anche una grande, lentissima testuggine, che non suscitava in noi bambini nessuna emozione: era sempre a dormire, e quando si muoveva lo faceva lentissimamente. Ai pavoni si concedeva via libera, e allora si muovevano per il parco, ma davano fastidio agli abitanti di via Cadorna e via Fago (volavano appollaiandosi sui cedri) durante il periodo degli amori, per i suoni che emettevano. Ci fu quella volta che furono chiamati i vigili del fuoco, chè li portassero via, Arrivarono, paludati da marziani ma non ce la fecero: fu chiamato allora il capo-giardineria Spagnolli che si mise ad imitarne i versi. Bravi bravi i pavoni si rivolsero a lui, e lo seguirono.

Un discorso a parte merita il leone che fu ospitato in una angusta gabbia, ove succerssivamente trovò posto l'infelice orso Pippo. Il leone fu lasciato lì da un circo di passaggio e personalmente rammento il circo Togni che si fermò nel greto del Talvera nel 1967, per darvi i suoi spettacoli. Ed io entrai nella gabbia per intervistare in diretta tra i leoni il domatore Darix, per la trasmissione “Ponte Radio”. Un particolare, a proposito di orsi; l'unico plantigrado in regione era in quegli anni quello che viveva – in gabbia – all'eremo di San Romedio, motivo di vanto ed attrazione. Bolzano non volle essere da meno, e si procurò a sua volta il suo orso, di cui far vanto. Oggi con i plantigradi i legislatori nostrani tendono a fare il tiro a segno.

 













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