Castel Rodengo, ecco gli affreschi ritrovati

Aperta al pubblico da domenica la cappella sconosciuta e restaurata con il suo ciclo di fantastici dipinti



RODENGO. L’Alto Adige ritrova, ma sarebbe meglio dire scopre, uno dei suoi tesori artistici forse più preziosi. L’Ufficio Beni architettonici ed artistici. sotto la direzione dell’ex Soprintendente Helmut Stampfer e di Waltraud Kofler Engl, ha riportato alla luce la cappella romanica di Castel Rodengo ultimando un lungo lavoro di restauro. Domenica scorsa la “nuova” cappella è stata presentata in una cornice solenne con i suoi preziosi affreschi, ora parte delle visite guidate al Castello.

Il Castello di Rodengo conserva in Europa la più antica testimonianza della cultura profana e cavalleresca nell’area di lingua tedesca – gli affreschi del “Ciclo di Ivano” (XIII sec.) del romanzo di Hartmann von der Aue degli inizi del XIII secolo – si arricchisce dunque ora di un altro importante ritrovamento della storia dell’arte e dei castelli. Con il restauro appena concluso da parte dell’Ufficio Beni architettonici ed artistici / Ripartizione Beni Culturali della cappella romanica finora sconosciuta, viene resa accessibile al pubblico un’importante testimonianza della produzione pittorica romanica del primo quarto del XIII secolo, che arricchisce anche la ricerca di un’opera significativa.

La cappella medievale sul lato orientale del castello è più antica delle pitture murali ed esisteva in base alle ricerche già prima della costruzione del castello (intorno al 1140). La cappella fu abbandonata intorno al 1580 ed occupata da muri di fortificazione e da una volta barocca. Nel 1996 durante i lavori di scavo per il consolidamento dei muri dei bastioni sono stati riscoperti i muri dell‘abside demolita con frammenti di affreschi romanici e l’altare in muratura. Nel 2007 l’allora soprintendente Helmut Stampfer diede un primo incarico per la rimozione delle parti murarie e l’abbassamento al livello del pavimento originario allo scopo di rendere nuovamente visibili le pitture murali sull’arco trionfale e sulle pareti settentrionale e meridionale. In seguito venne ricostruita l’abside circolare demolita sopra i muri ancora conservati, e vennero puliti e restaurati gli affreschi, che non erano stati ridipinti, ma soltanto imbrattati da resti di calce.

I lavori che si sono protratti per diversi anni a causa della ricostruzione del vano, concludono la ricerca iniziata sotto Nicolò Rasmo negli anni 1972/73 delle strutture medievali della cappella, pesantemente rimaneggiate nel XVI secolo. Le pitture murali ritrovate si distinguono per una tecnica ad affresco di qualità eccezionale e per l’impiego dispendioso di lapislazzuli e sono databili alla seconda decade del XIII secolo. Si devono certamente a un’altra mano rispetto a quelle del ciclo all’incirca coevo di Ivano. Nella volta dell’abside si è conservato un frammento del Cristo nella mandorla e alla sua destra un fitto gruppo di santi con strumenti musicali, palme del martirio e due apostoli. Sulla parete dell’arco trionfale incorniciata da un fregio a palmette si notano sotto un nastro di nuvole cherubini e serafini con l’inscrizione soprastante “Gli angeli proclamano con voce incessante, santo, santo, santo” dal Te Deum laudeamus. Il tema del canto di lode delle legioni celesti, degli apostoli, profeti e martiri e dell’intera Chiesa ha un’importanza programmatica centrale nella dipintura dell’abside.

Le parti meglio conservate si trovano nell’ambito superiore della parete sud della navata con la condivisione del mantello di S. Martino, parte di un ciclo anticamente più ampio. Di grande qualità espressiva è la figura muscolosa d’uomo con la barba intrecciata nella parte basamentale, che sostiene inchinato il peso della volta celeste secondo il modello del gigante mitologico Atlante. Sulla parete nord è rimasta solo una figura di donna, resto di una scena di grande formato sotto un’architettura ad archi. Probabilmente è parte di una scena relativa al culto di S. Nicola, come si può ipotizzare in base alla scena sottostante che allude alla tempesta placata dal titolare del patrocinio. Verso ovest la dipintura delle pareti della navata è andata perduta. I lavori sono stati interamente finanziati dall’Ufficio Beni architettonici e artistici della Ripartizione Beni Culturali. L’importo speso di 154.000 Euro si suddivide in 47.000 € per i lavori edili, 90.000 € per lo scoprimento, il consolidamento e il restauro delle pitture murali e 17.000 € per la ricerca, il rilievo, la progettazione, le spese tecniche e l’illuminazione. Il Castello di Rodengo è di proprietà delle famiglie dei conti Thurn und Taxis e Wolkenstein-Rodenegg e può essere visitato fino al 1 novembre tutti i giorni tranne il sabato nell’ambito di visite guidate alle ore 11:30 e 14:30. Necessaria la prenotazione al numero 328 1651332 o via mail a schloss.rodenegg@gmail.com.













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Paolo Tagliente

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